Alfi the Monster

In vista della mostra-evento che sto curando per metà dicembre presso Benaco Arte, sono andata in quel di Brescia ad intervistare la mente creativa di ALFI (Alessandro Fusari), giovane artista pop dallo stile superflat. Nonostante fosse venerdì 17 novembre, alle ore 17 (ci credete?!), è stata una serata p a z z e s c a – non solo perché lo studio di Alfi è una vera e propria esplosione di colori, ma anche perché dopo la studio visit ci siamo sparati una cena palestinese a dir poco spettacolare!

2-lo studio di Alfi a Brescia

Ad ogni modo, l’aver potuto ammirare da vicino le opere di Alessandro mi ha fatto ricordare le margherite kawaii di Takashi Murakami, nonché le rivisitazioni micropop di Tomoko Nagao. Alfi, ma ad una mostra in Giappone ci hai mai pensato? In caso… chiamami! 😉

Musica consigliata da me durante la lettura: Kadebostany – Mind If I stay

I’m just a man lost in space
Calling out, hoping to hear something back
Something back

Listen to the universe
You may find an answer
Love is here and everywhere
Don’t be scared

Musica consigliata da Alfi durante la lettura: The War On Drugs – Thinking of a Place

I’m moving through the dark
Of a long black night
Just moving with the moon
And the light it shines
And I’m thinking of a place
And it feels so very real
Just moving through the dark

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NICOLE: Raccontami di come è nata la figura di Alfi.

ALESSANDRO: Ho iniziato a dipingere in seguito ad una malattia che mi ha colpito all’età di 26 anni, e grazie anche alla spinta delle persone che mi stavano attorno. Il mio continuo parlare di mondi “altri” non era altro che la manifestazione di quella necessità di esprimermi che per troppo tempo è stata sepolta. Durante le scuole superiori il disegno tecnico e grafico erano i miei cavalli di battaglia, ma non erano sufficienti; necessitavo di un altro modo per esternare ciò che sentivo, ciò che vedevo. E, ironia della sorte, ho scoperto di avere un tumore il 25 di aprile… il giorno della Liberazione. In un certo senso, per me lo è stato!

N: Come spieghi i tuoi due lati artistici? Da un lato ci sono i tuoi mostriciattoli, le tue “whales”, e dall’altro l’astrattismo delle tue tele monocrome. Sono due facce della stessa medaglia?

A: Esattamente. Quando voglio trasmettere positività, esterno il mio mondo pop, una sorta di universo parallelo abitato da “marziani” e strutturato sulla base di un piano collaborativo pacifico (es: My glossy mind). I personaggi che dipingo non sono altro che, sotto sotto, delle vere persone. O meglio, di come vorrei che le persone fossero: disponibili, simpatiche, positive. Per questo i miei Bunga e i loro amici hanno sempre enormi occhi spalancati e denti mai aguzzi; il tumore ha radicalmente cambiato la visione che ho della vita, per cui non si tratta solo di fantasia… è il mio vissuto! Ecco quindi che opere come le varianti dei Derma, o Bua, rispecchiano le ferite e i traumi fisici e mentali subìti durante il decorso della malattia. “8 ore” corrisponde alla durata di un’operaziome invasiva che mi ha progressivamente condotto alla completa guarigione (Ndr il 26 settembre 2012). E da lì l’idea della balena come alter ego: tutto è partito da una vacanza a Santo Domingo, durante la quale ebbi l’occasione di vedere da vicino le megattere; sono animali migratori molto legati alla famiglia, tanto che ad ogni parto festeggiano il nuovo arrivato con dei salti gioiosi. Da quel momento capii che la blue whale poteva e doveva essere il simbolo di me stesso. Un personaggio sempre in movimento, ma con la bolla al naso: simbolo della presenza di un raffreddore, che altro non è la trasposizione del mio trascorso fisico. E’ un animale buono, innocuo e positivo, proprio come me. Si tratta quindi di un modo per raffigurarmi senza per forza dover disegnare un essere umano: nelle mie opere, infatti, l’uomo non compare MAI – eccezion fatta per le Moire e per un paio di lavori degli esordi (Mad Man e Man Eat Man).

N: Dimmi l’ultima mostra che hai visto. Ti è piaciuta? Perché?

A: Non ricordo se fosse l’ultima, ma certamente è stata una delle mie preferite in assoluto: Alberto Burri al Guggenheim di NY. Sono rimasto totalmente affascinato dal modo in cui sperimentava con la materia, con le plastiche. E poi l’effetto a craquelé che ricorda la terra arsa del deserto, ma anche un labirinto. Durante la visita alla mostra ho cercato di sentirlo, di sentire quello che inalava quando bruciava la plastica con il cannello (Ndr piccola fiamma ossidrica). Una volta rientrato in Italia ho sperimentato anche io e ho bruciato del poliestere, ma sentivo che non faceva parte della mia ricerca artistica. C’ho provato.

N: Che rapporto hai con le gallerie?

A: Direi abbastanza recente, ma in continua crescita. Ho iniziato col botto, partecipando ad Art Expo NewYork (Ndr SOLO section, dedicata agli artisti emergenti). Quando sono venuto a conoscenza della selezione era gennaio 2015. Ho pensato: perché no? L’evento si sarebbe tenuto in aprile e io proprio in quel periodo avevo già prefissato un soggiorno newyorkese di 10 giorni, così ho inviato tre immagini e sono stato accettato. Fino a due mesi prima ero in una semplice vetrina in città (Ndr grazie al progetto Brescia Open), e poco dopo mi sono ritrovato catapultato oltreoceano! Rientrato in Italia, ho esposto a Villa Labirinto (BS), alla Galleria Palazzo Bertazzoli di Bagnolo Mella (BS) e al Laboratorio Studio Design, sempre di Bagnolo Mella. Nell’ottobre 2016 è stato il momento della Galleria Civica di Montichiari e nel maggio 2017 del Musil di Rodengo Saiano (BS). A luglio di quest’anno ho inoltre preso parte al progetto di valorizzazione F[o]und Gambara promosso da un gruppo di studenti della LABA, eseguendo una performance nel cuore di Brescia. Infine, poco fa ho terminato il mio percorso a ContemporaneaMENTI 2017, un’iniziativa promossa dalla Fondazione l’Arsenale di Iseo rivolta agli artisti lombardi under 35. Riguardo al futuro mi aspetta, a gennaio 2018, un’esposizione all’Hive Tattoo Art Gallery di Milano: un hub che favorisce l’incontro tra il mondo dei tatuaggi e quello della street art. Parteciperò con una decina di pezzi, tra cui le Moire.

N: Parlami degli eventi a cui hai partecipato.

A maggio ho esibito alcune mie opere in occasione di KAHLO, uno spettacolo di danza ispirato alla pittrice messicana tenutosi al Musil di Rodengo Saiano, in Franciacorta. Con Dario Romano ho poi preso parte, alla fine dello scorso anno, ad un’altra esposizione presso la Galleria Civica di Montichiari; un progetto molto interessante, poiché sia io che Dario (il quale dipinge animali iperrealistici) siamo accomunati dalla non raffigurazione di esseri umani. Anche lui, infatti, non li trova simpatici: della serie “più conosco gli umani, più amo gli animali!”, e difatti ho 4 cani, 4 amori.

N: Se potessi scegliere un festival (esistente o ipotetico) a cui prendere parte, in che direzione ti muoveresti?

A: Mi piacerebbe molto partecipare ad un evento dedicato ai cartoni – d’altro canto, Bunga deriva da “unga bunga!”, una frase che ripeteva spesso un cavernicolo protagonista di un noto cartone animato in voga negli anni ’70-’80 (Ndr Capitan Cavey and The Teen Angels). Penso sarebbe divertente dar vita ai miei personaggi, renderli interattivi; m’immagino una mostra in cui un bambino si avvicina a uno dei miei dipinti e scopre che sfiorando i vari personaggi può sentire dei suoni, o può vederli muoversi. In effetti, ci sto già lavorando.

Adesso dimmi: come si fa a non adorare gli #AlfiMonsters?? Se non ti ho ancora fatto cambiare idea (o se invece ti ho convinto) allora guarda qui!

Ti aspetto il 16-17 dicembre a Benaco Arte 🙂

Nicole

 

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